Appunti di viaggio

Report Viaggio Marzo 2009

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Report Viaggio Marzo 2009

Il n’y a pas problème
Data: 12/08/06
Dove: Ouahigouya, Burkina Faso
Ora locale: 9.20
Il concetto di tempo agli africani proprio non gli appartiene.
Non sanno cosa vuol dire “correre tutto il giorno per…”, “non aver tempo per…”, “lunedì, martedì, sabato…”, qual’è la differenza … è solo il miracolo di un nuovo giorno che si rinnova.
L’auto che abbiamo noleggiato a Bamako in Mali per il nostro primo tour in Africa Occidentale non da turisti ma per porre le basi della nostra associazione, si è fermata (est tombée en panne come dicono qui) ieri in questa cittadina e Mohammed, la nostra guida, dopo averci depositati in un albergo, ha trascorso tutto il giorno sull’autobus per andare ad acquistare un pezzo di ricambio a Ouagadougou. Ora sono le 9.20 del giorno dopo e siamo solo a metà dell’opera. Il pezzo c’è, ma la nostra auto ancora non funziona. Ci ha riferito Mohammed che durante il tragitto di ritorno anche l’autobus est tombé en panne e ha dovuto attendere diverse ore prima di poter ripartire per Ouahigouya.
La “pazienza” ecco cosa occorre per vivere qui! E ne occorre molta!
Fabiana, l’amica che ci accompagna in questo viaggio, si è messa comoda con il suo libro: ha capito che qui si deve aspettare.
La hall di questo hotel è dignitosa. Ci sono angoli con divani rivolti verso due grandi finestre che guardano l’unica strada asfaltata di Ouahigouya e dove si svolge tutta l’attività commerciale. In questo momento c’è una tempesta di sabbia e piove. La città si sta coprendo di sabbia rossa. Siamo in agosto: la stagione delle pioggie.
Marco va avanti e indietro per la hall.
Io sto cercando di scrivere … ma qui non stanno mai zitti … ecco c’è un ragazzo dell’hotel che si avvicina …
La gente non si accontenta di un solo buongiorno, bisogna chiedere anche come va…, come va la famiglia…, il lavoro…, la giornata…, se hai dormito bene…, e augurare buon lavoro…, o buona giornata.
Bisogna fare “le salutazioni”. Sono seduta da pochissimo ed ho già ripetuto questo cerimoniale per ben 4 volte! A Marco, è da ieri che tutti gli domandano …com’è andata la passeggiata (comment est allée la promenade) …per forza, per alleviare il dolore alla gamba che è iniziato qualche giorno fa mentre eravamo ospiti in un villaggio Dogon, non fa che andare su e giù nell’albergo! Chissà cosa penseranno!
Ecco Mohammed … sorride … forse è un buon segno … Ebbene sì! Si riparte.
in Burkina Faso sta piovendo più che in Mali e lo si vede dalle piantagioni di miglio che delimitano la strada che stiamo percorrendo. Sono molto più alte. E i colori delle foglie sono di un verde brillante. Ci sono chilometri e chilometri di piantagioni di miglio che finiscono là dove inizia il cielo. In lontananza riusciamo a vedere anche qualche coltivazione di canna da zucchero.
Oggi fa molto caldo e il tasso di umidità deve essere altissimo. Si viaggia a finestrini aperti e si suda. Dobbiamo arrivare a Boussé … Per l’ora di pranzo dovremmo essere da Suor Ester. Ho imparato ad usare il condizionale. In Africa non ci sono certezze!
… Il nostro autista ha diminuito la velocità a 30 km orari … ma così si arriverà per cena!!
… E’ presto detto … SIAMO NUOVAMENTE FERMI!!!
Max, l’autista, esce dall’auto esordendo il n’y a pas problème …UN CAVOLO!!!! Non c’è problema!! Siamo carichi come ciuchi, a Marco fa male la gamba, il primo villaggio è a un’ora di macchina, nelle vicinanze non c’è niente, … la nostra 4×4 è in panne e lui dice … NON C’E’ PROBLEMA!!!
Non ci sono parole. In silenzio, usciamo dall’abitacolo e ci sediamo sul ciglio della strada.
Aspettiamo! … cosa? … che la fortuna ci assista!

La risata di Suor Ester
Data: 14/02/07
Dove: Boussé, Burkina Faso
Ora locale: 10.00
Alle 10,00 del mattino il sole picchia e le due borse piene di indumenti per bambini che abbiamo portato dall’Italia da lasciare alla missione delle Suore Apostole del Sacro Cuore, pesano … ma quel sorriso non si fa attendere per molto.
Eccola Suor Ester che cerca di farsi spazio fra le persone.
Sorride mentre viene verso di noi e agita la mano per salutarci: bon arrivés ci dice in francese con spiccatissimo accento napoletano.
Il suo sorriso e i suoi occhi hanno la stessa luminosità. Il suo entusiasmo è travolgente.
E continua … “come state, cosa mi raccontate…”.
Per tutto il tragitto per arrivare da Ouagadougou, dove è venuta a prenderci, alla missione di Boussé, ci siamo raccontati le nostre vicessitudini e i nostri progetti per il presente e per il futuro. La sua determinazione supera di gran lunga la nostra!
… Il cancello della missione si spalanca, parcheggiamo l’auto vicino all’entrata.
Com’è diverso il paesaggio ora da quello visto nel mese di agosto. Sei mesi fa era la stagione delle piogge e il verde degli alberi, del prato era raggiante. C’erano i vasi pieni di fiori, l’orto pieno di verdure … un’ arcobaleno ricco di colori.
Ora sembra che sia passato di qui Nerone … tutto bruciato … tutto secco. Da Ottobre a Maggio non piove mai in questa zona dell’Africa e il caldo in certi periodi supera i 40 gradi.
E’ la pioggia che qui regola la vita …. non solo della vegetazione anche quella umana.
Ci dice Suor Ester che fra qualche settimana le scorte di miglio e riso inizieranno a scarseggiare … e la fame diventerà grande com’è grande il cielo che ci sovrasta.
Il vento caldo che soffia in questo periodo l’harmattan porta con sé solo sabbia e non soluzioni. E questa sabbia arriva a coprire le nostre coscienze, la coscienza di chi ha in mano il potere. E in nome di questo potere si mettono a tacere le coscienze del mondo.
… Fra di noi c’è un attimo di silenzio ma che fa tanto rumore.
Come scrive Gregory David Robert nel suo libro Shantaram “i silenzi possono ferire come una frustata … eppure a volte rimanere in silenzio è l’unico modo per manifestare la verità”.
Riprende la parola Suor Ester e ci racconta storie da lei vissute che sembrano tratte da un libro di fantascienza tanto sono al di fuori della nostra dimensione di vita occidentale … “…l’altro giorno, una signora con un neonato, avvolto in un cencio, di pochi giorni, che piangeva con singhiozzo viene alla missione e mi dice: “Suora sono venuta a lasciare questo bambino perché non vuole morire”. E perché deve morire? le domando. E la donna mi dice: “suora lui deve morire perché è un’altra bocca da sfamare” … “.
Suor Ester continua a descrive i particolari, è dovuta andare dalla polizia che ha minacciato la donna e comunque ha dovuto promettere alla madre che la missione avrebbe pensato al mantenimento del piccolo.
“Qui la realtà è dura” conclude Suor Ester dopo averci raccontato altre storie da lei vissute.
Davanti ad un piatto di pasta parliamo e poniamo le basi per organizzare il progetto di sostegno a distanza. Non costa molto. Devo parlarne a più persone possibili … non può continuare questa indifferenza! Basterebbe un piccolo sforzo per ottenere grandi risultati … sembra impossibile ma meno di 0,50 centesimi al giorno aiutano una vita a vivere!
Le sue origini napoletane l’aiutano a raccontare le cose con quel tipico tocco di comicità … ride e ci fa ridere.
Parla, parla Suor Ester ma quasi non l’ascolto più … mi concentro sulla sua figura, su quel sorriso caldo e avvolgente che non ha niente da invidiare al sole dell’Africa.
Guardo una donna, una donna di grande spessore …
Il vento caldo sta aumentando … e la quantità di polvere che riesce ad alzare arriva anche sotto questo pergolato … avvolge quella risata … e distoglie i miei pensieri …

Incontri
Data: 29/01/08
Dove: Ouagadougou, Burkina Faso
Ora locale: 19.00
Ultime ore. Si riparte. Il ritorno è sempre doloroso.
Questa volta ancora di più delle altre volte … non ho voglia di tornare in Italia, di ritrovare quelle futilità che affliggono le nostre menti occidentali …
Quanto tempo, quante energie sprechiamo per l’inutile…!
… Siamo seduti sotto questo pergolato …
A fine gennaio il caldo comincia ad aumentare e a soffiare il vento del deserto, l’harmattan, ma qui seduti all’ombra si sta bene
Mentre scrivo mi fermo a pensare alle persone che in queste tre settimane ho conosciuto o ritrovato: alla mamma delcolonnello, l’amico conosciuto nell’agosto del 2006 a Koupela, che non ha perso la sua gamba quasi in cancrena grazie a Gino, il medico italiano che lavora all’ospedale di Nanoro; a Ibrahim, il bambino con gli occhi neri come la pece che a Segou mi ha regalato un sorriso; al viso della ragazza poliomielitica di Mopti che tutte le sere mi aspettava per salutarmi; alla folkloristica messa di domenica mattina a Nanoro durata due ore ( … e pensare che né io né Marco siamo cattolici!), alle risate e ai nodi alla gola …

Vivere qui ti rende più coriaceo ma ti dà la capacità di comprendere le sofferenze e i bisogni degli altri senza tante illusioni ma con un amore e un rispetto ancora più profondi.
Una poesia di Kahlil Gibran inizia così “interrogo la tristezza e scopro che non ha il dono della parola”.
… Forse è proprio per questo che oggi non riesco a mettere per iscritto i miei pensieri …

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